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domenica 29 agosto 2010

Vùto Tabasco?

Giornata tipica americana? Andiamo al Greenfield Village!
I miei piccoli lettori saranno ora curiosi di sapere di cosa si tratta. E anche se non lo sono, io lo spiego lo stesso, tiè.
Gli americani non hanno abbastanza monumenti storici da far visitare alla gente, quindi hanno ben pensato di smontare le case dei personaggi storici, metterle in uno o più camion, trasportarle a Dearborn e rimontarle.
Così la gente può vederle, e camminare dal negozio dei fratelli Wright alla casa del tipo che ha scritto la prima enciclopedia.


Tra le attrazioni più gettonate c'è anche quello che sembra essere il primo paninaro onto della storia a stelle e strisce. Badole resta sempre Badole, però.


Un'altra attrazione del parco è Kristen, con la quale è sempre un piacere fare gli stupidi.


E concludiamo il nostro tour con la ragazza dal lavoro peggiore del mondo. Ci sono 35 gradi col mille percento di umidità e lei deve stare di fianco ad un caminetto acceso, vestita di lana, a spiegare quanto freddo è l'inverno nelle cascine della Pennsylvania.

Party Animals

La festa ufficiale per il compleanno di Kristen è sabato sera, quindi Claire mi passa a prendere ad Ann Arbor per una serata indimenticabile tra i pub, bar, club e quant'altro di Detroit.
Porto pigiama e spazzolino, che non si sa mai. Serviranno, ma non per dormire.
Il modo di celebrare un qualsiasi evento in Michigan è molto semplice. Si va in un bar, si sta là un po', ci si stufa, si cambia posto, ci si stufa ancora, si cambia posto ancora. Ripetere fino a quando l'ultimo locale non chiude, e mescolare con drink di diverso tipo e gradazione alcolica e musica da ballare.
Di solito [tutta la mia vita tranne quel giorno] non sono uno di quelli che adorano ballare, però devo ammettere che l'atmosfera di downtown Detroit è ben diversa da quella dell'Arcella o di Brusegana ed in qualche modo invoglia il Tony Manero che è in me.
Lanciatissimo, mi esibisco in passi e movenze che nemmeno io sapevo rientrare nel mio arsenale [ero sobrio. Beh, abbastanza sobrio]. I miei compari festaioli non sono da meno, e la serata letteralmente vola. Conosco all'incirca diecimila persone, novemilanovecentosessanta di esse non sono minimamente parte della festa, ma in Michigan la gente è ben più socievole che a casa [purtroppo!].
Oltre che Kristen, Claire e Phil, la mia posse comprende altri quattro elementi divertentissimi: Allen [fratello di Kristen del quale non esistono riscontri fotografici], Kevin [il tipo che porta una polo blu grande come l'accappatoio di Giuliano Ferrara], Ashley [morosa di Allen, e qui mi fermo con le descrizioni] e, gran finale, Bubba [maglia rossa e cappellino].
Alzi la mano chi non ha mai sognato di conoscere una persona di nome Bubba.
Questo ragazzo di età indefinita è un tipo alquanto fuori di testa ma simpaticissimo. Continua a darmi il cinque e a dire "I like this guy!". No, lo urlava, quindi è più qualcosa come "I LIKE THIS GUY! I FREAKIN LOVE THIS GUY! YOU'RE MY MAN, PEOPLE: I LOVE THIS GUY!".






In men che non si dica ci ritroviamo a stracciare una sfortunata coppia di novizi del gioco del biliardino. La goleada rifilata al tipo coi capelli lunghi emoziona Bubba al punto che invita tutti a casa sua, dove ha una piscina.


Un po' per pudore, un po' perché ho speso un sacco di soldi per comprarla, la macchina fotografica è rimasta a casa.
La "serata" finisce alle 7 di mattina, davanti ad un Coney Island hot dog e un vassoio di chili cheese fries.
Da incidere a caratteri dorati nell'enciclopedia sotto la voce Epico.

A2

Eccomi arrivato dove il sottomarino di Lost arriva al capolinea. Mi chiedo ancora come faccia, è un casino arrivare ad Ann Arbor via mare.
Arrivo accompagnato da Steve, il superpapà più figo del mondo, il quale porta me, Eugenia e Giovanni [colleghi economisti] a banchettare nel più americano dei Buffalo Wild Wings.




Cercando di digerire il lauto pasto a base di ribs&wings, ci dirigiamo verso The Big House.
Con The Big House si definisce lo stadio di football della University of Mighigan. Lo usano una decina di volte all'anno [6 partite in casa, le cerimonie di laurea e, molto raramente, qualche altro evento]. Ecco, dato che lo usano così di frequente hanno ben pensato di costruire lo stadio più grande d'America: 109.901 persone. Per confronto, la popolazione di Ann Arbor è di circa 114.000 persone. Ah però!
Peccato che non ci si possa entrare!


Arrivo poi alla mia nuova casa, ovvero la casa di Mike, in Brown Street. Il dito sopra la foto è il mio, ma non ho il tempo di photoshoppare e non avevo un cappellino come i veri fotografi [vero Simo?].
Il mio amico batterista deve andare al lavoro, fa la guardia in una residenza di studenti. Significa che deve aiutare le persone ubriache a prendere l'ascensore.
Conosco Liz, la sua supersimpatica e supertatuata inquilina, e mi metto a mio agio.


La serata passa in compagnia di Phil e Levi, bevendo caffè [si, caffè italiano, perchè uno dei millemila pregi di Levi è quello di amare il buon cibo ed il belpaese] e ricordando i loro tempi patavini.

mercoledì 18 agosto 2010

Please Mr. Postman

Tutti voi sapete quanto io ami la musica, non tutti però sapranno che ultimamente mi sono avvicinato parecchio al soul. E quando si parla di soul, c'è da tirare in ballo la Motown Records.
Ora vi annoio con un po' di storia.

Etichetta discografica protagonista di un ventennio di musica nera, la Motown non rappresenta solamente un punto di riferimento artistico, bensì una pietra miliare della storia moderna. Grazie ad artisti del calibro di Marvin Gaye, The Temptations, Diana Ross and the Supremes, Stevie Wonder, Th
e Four Tops, The Jackson 5 e molti altri [responsabili di ben 110 top ten hits dal 1971 al 1961], quel geniaccio di Berry Gordy Jr. è riuscito a dare il via ad una rivoluzione culturale che ha portato alla fine della segregazione razziale negli Stati Uniti.

"Into the '60s, I was still not of a frame of mind that we were not only making music, we were making history. But I did recognize the impact because acts were going all over the world at that time. I recognized the bridges that we crossed, the racial problems and the barriers that we broke down with music. I recognized that because I lived it. I would come to the South in the early days of Motown and the audiences would be segregated. Then they started to get the Motown music and we would go back and the audiences were integrated and the kids were dancing together and holding hands." - Smokey Robinson


Non si potevano fare foto all'interno, purtroppo, quindi dovete accontentarvi della mia misera descrizione.
Tutto quanto è così com'era un tempo. La guida ci guida [ma và?] attraverso le stanze di quella piccola casa che rappresentò l'ombelico del mondo musicale per così tanti anni.
La semplicità attraverso la quale si materializza il genio delle persone che vi lavoravano è a dir poco disarmante: come fare per migliorare la voce di un cantante? Aggiungiamo un po' di riverbero, naturalmente! Però è il 1960, non lo posso aggiungere al computer, e non c'è molto che possa aiutare. Serve uno spazio adatto. Detto fatto, facciamo un buco sul soffitto e ci cantiamo dentro. Ebbene, quel buco è ancora lì, e se ci si va sotto e si schioccano le dita viene la pelle d'oca a sentire che il suono che esce da quel soffitto buio e polveroso è l'intro di Baby Love delle Supremes.
Pelle d'oca che si mantiene a livello pressoché costante per tutto il tour, e raggiunge il pi
cco in altre due occasioni. La prima quando noti che il distributore di merendine è ancora quello degli anni 60, e che le preferite di Stevie Wonder sono le quarte da sinistra, sempre le quarte da sinistra, nemmeno un cieco si sbaglierebbe. La seconda quando si entra nel leggendario Studio A [non c'è uno studio B, però fa figo chiamare il tuo unico studio in un modo che lasci intendere che tu ne abbia molti altri]. In quella stanza incidevano i Funk Brothers. Chi??? Eh, loro suonavano ad orecchio, senza spartiti, e non si esibivano dal vivo. Però hanno registrato più canzoni finite al primo posto in classifica di Elvis, Beatles, Rolling Stones e Beach Boys MESSI INSIEME.
E poi in quella stanza c'è uno splendido Steinway nero. Chi l'ha usato per l'ultima volta? Marvin Gaye per incidere Let's Get It On. Chi ha gli occhi lucidi e lo sta accarezzando ora? Io.



P.S.: Senza l'aiuto di una splendida persona non avrei potuto vivere nessuna di queste emozioni. Thank you, Chris Samfilippo.

Bahama Breeze

Il fuso orario mi crea ancora qualche problema, specialmente per quanto riguarda le ore dei pasti. Decido allora di dedicarmi all'antica arte della cucina: cooking class con il resto degli studenti italiani! La cuoca Antoinette, di origini francesi, ci spiega la sua passione per il cibo italiano. Beh, alla fine il pranzo è stato buonissimo, anche se la cosa più italiana era il mio pollo arrosto. Il resto del menu spaziava dall'insalata condita col gorgonzola ai tortini di mais e uova.


La sera mi trasferisco a casa Hill, dove vengo accolto dai genitori di Kristen. Sono probabilmente le persone più simpatiche del mondo, non riesci a non ridere ogni 2 minuti con loro intorno.
Il programma della serata è tranquillo, ma divertente. Cena all'esotico ristorante Bahama Breeze, dove mangio degli ottimi coconut shrimps [si, gamberi fritti con salsina al cocco... cosa volete, il pollo del pranzo era troppo sano per continuare su quella strada!]
Incontro così i divertentissimi amici di Kristen: Matt, Lauren ed Ashley.


Ed anche Jeremy, suo moroso. La prima cosa che ha fatto è stata offrirmi una birra, ed ora continuiamo ad offrirci una birra a vicenda ogni volta che ci vediamo.
Ci mettiamo d'accordo per andare a giocare a basket la mattina dopo. Sarà per via dei coconut shrimps, sarà per il fuso orario, sarà per le birre della sera prima, sarà anche perchè io sono scarso e lui tira da tre sia di destro che di sinistro, ma mi ha fatto il mazzo.

sabato 14 agosto 2010

What up Doe

Eccomi di nuovo in territorio statunitense, pronto finalmente a visitare Detroit.
La mia avventura quotidiana inizia con una capatina alla business school di Dearborn, luogo a cui devo molto [come ad esempio i soldi per il viaggio]. Non è un campus molto esteso, ma le strutture sono ottime e si addicono ad una delle migliori scuole di business del paese. Entro nella hall e mi guardo intorno. Su una parete ci sono un sacco di foto di Claire, Phil e Levi: ho amici famosi!


Faccio un salto in ufficio da Noela ed aspetto che Mike e Bryan passino a prendermi per fare un giro. Sulla parete campeggia un megacartellone con un sacco di foto dell'Italia. Noela mi dice che è il cartellone che espongono per promuovere il programma. Ci sono anch'io tra le foto, quindi vuol dire che probabilmente ho avuto anch'io i miei 15 minuti di fama nella prestigiosa hall ambita da tutti, e forse ne avrò altri 15 l'anno prossimo. Magari anche 20, con la scusa che conosco chi ha fatto il cartellone.


Finalmente arriva Brichael [esatto, si possono considerare come una persona sola], montiamo in una Lincoln nera superstilosa e ci avviamo verso la Motor City. Rivedere certe persone dopo così tanto tempo è una bellissima sensazione. Parliamo di tutto come se non fosse passato nemmeno un giorno dall'ultima volta che ci siamo visti.

Dopo un piacevole giro in macchina, arriviamo a Detroit. Su questa città se ne sentono di tutti i colori... beh, è un posto veramente particolare: tanta ruggine, qualche palazzo abbandonato lascia intuire che spostandosi verso le aree meno centrali si possa trovare una vera e propria città fantasma. Bryan conferma, dice che dal suo ufficio si possono vedere interi quartieri deserti. Mi piacerebbe vederli, ma probabilmente significherebbe rischiare la vita e mi accorgo che non ho il numero dell'A-Team salvato nel cellulare. Meglio non rischiare, allora: nessun'altro potrebbe tirarmi fuori da una tale giungla di cemento e gangster.
Incontriamo per caso degli amici di Bryan e ho la fortuna di visitare casa loro: è un vecchio locale riadattato a casa. C'è ancora il palco, con tanto di casse e mixer. Un vecchio pianoforte precede i mobili della cucina. Sti tipi organizzano concerti a casa loro, e la casa consiste praticamente in un palco con angolo cottura!

Giunge finalmente il momento di comportarsi da vero detroiter. Partita di baseball dei Tigers al Comerica Park, birra e hot dogs, mai fatto una cosa più americana di questa!
A dir la verità i Tigers hanno fatto davvero pena, perdendo 8-0, però me la sono passata bene lo stesso. Alla fine nessuno va là per vedere la partita: si sta allo stadio a chiaccherare e rilassarsi. Piccolo particolare, lo stadio è in centro città. Guardando oltre gli spalti si distingue la skyline di Detroit ed è veramente un bel vedere.

venerdì 13 agosto 2010

Toronto Skyline

Il mio ultimo giorno nella terra della foglia d'acero comincia di buon'ora. Stavolta vado in solitaria, dato che sono l'unico pazzo ad alzarsi presto per sfruttare tutto il tempo utile. La mattina visito Younge Street e Queen's Park, con la zona universitaria. Tutto bello, anche se le mie gambe chiedono pietà per i chilometri macinati. Il pomeriggio opto per la metropolitana, così riesco ad arrivare fino al porto e prendo il traghetto per Ward's Island: il risultato lo potete benissimo commentare da soli! Inizia a piovere proprio quando saliamo in pullman per tornare a casa, ma Don dice che si tratta di "liquid sunshine". Per fortuna!